U=U. UNDETECTABLE = UNTRANSMITTABLE. Lo dice la scienza.

Undetectable = Untrasmittable
Fonte immagine: https://positivepeers.org/

Risale al 2 Maggio 2019 la pubblicazione sul “The Lancet” – stimata rivista scientifica inglese di ambito medico – dell’articolo: “Rischio di trasmissione dell’HIV attraverso rapporti sessuali non protetti in coppie gay sierodiscordanti in cui il partner sieropositivo sia sotto terapia antiretrovirale: risultati finali di uno studio multicentrico, prospettico e osservazionale”.

Una pubblicazione molto attesa nella comunità scientifica e tra chi si occupa di HIV/AIDS, che tuttavia, nel concreto, non porta grosse novità. Si tratta infatti più che altro di una conferma, scientificamente indispensabile e socialmente importantissima, di ciò che non solo le associazioni, ma la stessa comunità scientifica afferma da anni: undetectable = untransmittable (non rilevabile = non trasmissibile).

Ma la scienza, giustamente, richiede prove documentabili, richiede numeri e statistiche e dati epidemiologici che avvalorino una tesi.

Lo studio PARTNER: una conferma ufficiale

Proprio per dare valore alle “certezze” nate dall’esperienza clinica, nel 2010 è stato avviato uno studio osservazionale chiamato “PARTNER”, finanziato dall’organizzazione non-profit danese CHIP (Centre of Excellence for Health, Immunity and Infections).

Lo studio si proponeva di indagare le possibilità di trasmissione dell’HIV da persone positive correttamente aderenti alla terapia antiretrovirale a persone sieronegative (cosiddette coppie sierodiscordanti). Per poter essere ammesse allo studio, le coppie dovevano già avere rapporti non protetti da prima dell’inizio dell’osservazione e il partner sieropositivo doveva essere in terapia da un tempo sufficientemente lungo da presentare una carica virale “non rilevabile”.

La prima fase dello studio (PARTNER1) si era conclusa nel 2016 con la pubblicazione sulla rivista scientifica Jama dei risultati finali dello studio: zero contagi da partner sieropositivo e in terapia al partner sieronegativo.

Nonostante lo studio avesse coinvolto sia coppie eterosessuali che omosessuali (uomo-uomo) e nonostante in nessuna delle due popolazioni si fossero riscontrate trasmissioni del virus all’interno della coppia, i dati relativi al rischio di trasmissione nei rapporti uomo-uomo non erano allora sufficientemente esaustivi da poter essere paragonati a quelli dei rapporti eterosessuali, per una semplice questione di minor rappresentatività del campione: in poche parole, il numero di coppie uomo-uomo reclutate era più basso rispetto alle coppie eterosessuali, e pertanto il dato, da un punto di vista puramente statistico, era meno rappresentativo.

PARTNER2: un occhio sui rapporti uomo-uomo.

Lo studio è quindi proseguito nella sua seconda fase (PARTNER2) che si è conclusa – appunto – la settimana scorsa. Inutile precisare che i risultati sono stati perfettamente sovrapponibili a quelli della prima fase: ancora zero trasmissioni all’interno delle coppie sierodiscordanti.

Lo studio ha incluso sia coppie che avevano già partecipato alla fase uno, sia “nuove” coppie che sono state reclutate tra il 2014 e il 2017 per poter ampliare il campione di osservazione.

In tutto, tra il 2010 e il 2017 sono state studiate 972 coppie sierodiscordanti uomo-uomo, che hanno riportato un totale di 76 088 rapporti anali non protetti.

I casi di nuova infezione durante questi 8 anni sono stati solo 15, ma ancora una volta nessuno di questi è ascrivibile ad una trasmissione da parte del compagno sieropositivo e in terapia: infatti il 37% degli uomini sieronegativi ha riportato rapporti non protetti con altri partner esterni alla coppia.

I test sono la vera frontiera della lotta all’HIV

L’evidenza parla chiaro, insomma, e ci fornisce un’ennesima prova, inequivocabile, dell’efficacia della terapia antiretrovirale nel contrastare la diffusione dell’infezione e, come diretta conseguenza, dell’importanza dei test di screening nella lotta alla diffusione del virus e allo sviluppo della malattia.

L’imprescindibile presupposto per poter iniziare la terapia è conoscere il proprio stato sierologico, e per farlo è necessario sottoporsi ai test di screening. Oggi sono disponibili dei test rapidi, che in pochi minuti permettono di avere una risposta.

Vien da sé che, alla luce di queste nuove conferme, la strada per bloccare i nuovi contagi è far sì che tutti conoscano il proprio stato e, se necessario, inizino la terapia.

Sembra questo, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, l’unico modo per raggiungere l’ambizioso obiettivo dell’ONU per il 2030:

ZERO nuove infezioni, ZERO casi di morte per AIDS, ZERO discriminazione.

 

Il MOS e il CLAAS (Comitato Lotta All’AIDS Sassari) aderiscono alla campagna “We test!”. Vi aspettiamo il primo e il terzo mercoledì del mese per eseguire il test in maniera anonima e gratuita. (clicca qui)

 

 

 

Altri riferimenti bibliografici:

https://www.chip.dk/

http://i-base.info/

http://www.plus-onlus.it/

https://www.thelancet.com/journals/lancet/home

https://www.chip.dk/Portals/0/files/PARTNER/press/PARTNER_QA%20__2016JUL12_3.pdf

Condividi